Pronunciar bene l’inglese? E’ una parola ! ... L’inglese si distingue da altre lingue per semplicità strutturale: senza declinazioni, genere dei sostantivi, concordanza di aggettivi e con facile sistema verbale. Ma in cambio si paga un conto salatissimo (!) per la grande difficoltà di pronuncia… I campionati di spelling testimoniano che il problema tocca gli stessi parlanti madrelingua (!): i primi ad aver adottato la trascrizione fonetica nel loro dizionario. L’italiano che parla inglese si trova in un mondo foneticamente inospitale, la cui conquista potrà avvenire solo superando caratteristici errori di pronuncia. Gli errori tipici degli italiani. Suoni consonantici. Pronunciare l’ H è ritenuto un vezzo opzionale. Ciò è spesso aggravato da indistinzione di pronuncia tra U ed A , come in hungry (letto angry). La differenziazione della G non è sempre osservata nelle varianti come in get, gem e garage. La B è muta in parole come debt, doubt e così la L in talk, walk. La R rotica è errata in father, computer. La T dev’essere in genere palatalizzata (to), pur potendo anche essere muta (castle). Nel gruppo TH può essere spirante (think) oppure no (that). La S può essere sorda oppure sonora, come in this e these, rispettivamente. Suoni vocalici. In italiano sono sette (E ed O aperte o chiuse). In inglese i suoni vocalici sono dodici, ognuno con una sua specificità, possibili anche in combinazioni di dittonghi e trittonghi. Il parlante italiano tende a produrre le vocali inglesi come in italiano, oppure in modo errato (es.: bad pronunciato come bed). La differenza di durata del suono vocalico simil-I non è mai osservata, per cui piss e peace sono pronunciati allo stesso modo, con buona pace degli ecologisti di Green Peace… Errore rilevante è pronunciare ai al posto di i, o viceversa (es.: aidiom, horizon). Viene poi il gruppo OO la cui corretta pronuncia è accolta come novità. Il suono vocalico (simil-U) può essere lungo in boot o breve in book (il primo coinvolgendo la posizione labiale, il secondo quella posteriore, gutturale). Oppure può doversi pronunciare come in love o London, nelle parole blood, flood ecc. , cioè tendente alla A (in posizone posteriore). l dittongo OW è erroneamente pronunciato come se fosse scritto AW. Così low cost suonerà come law cost, o addirittura law coast, in un risultato semantico veramente fuorviante. La pronuncia dei dittonghi è impropria anche nei casi più semplici e comuni. “I go home” è simil-pronunciato “Ai go hom” invece che “Ai gou houm” . In compenso abbondano dittongazioni non dovute in parole come country, money. Una moltitudine di casi interessanti, ma meno cruciali, non sono qui considerati. Più importante è lo schwa (chi è costui?). Paradossalmente il fenomeno fonetico più importante in inglese è quello meno considerato: trattasi della riduzione vocalica, cioè dell’attenuazione e/o scomparsa delle vocali non accentate. Un nostro esempio domestico è il napoletano jàmmo , in cui la O finale (non accentata) è un quasi-suono, debole, impreciso, indefinito, in fonetica detto schwa. Tutta l’energia sonora si accumula tendenzialmente sulla sola vocale accentata. Circa due terzi delle vocali inglesi subiscono questo fenomeno. Il parlante l’italiano invece le pronuncia tutte e generalmente in modo sbagliato. Potrebbe invece ometterle superando così brillantemente il problema. La parola history - ad esempio – va tendenzialmente pronunciata come hìstri, con attenuazione o totale scomparsa della o. Così ordinary diventa órdnri per la scomparsa della i e della a. Altre parole esemplari sono “a gorilla” “a banana” , nelle quali tutte le vocali diventano schwa - articolo compreso - ad eccetto della vocale centrale su cui gravita l’accento tonico. Si evidenzia così l’importanza della corretta accentazione, generalmente errata in parole come management e control (da accentare sulla vocale in grassetto, non su quella sottolineata). Un simil-suono-schwa (ovviamente accentato) è comunissimo in monosillabi quali word, bird, church ecc. in combinazione con la R. Imitare un modello. La corretta pronuncia va complementata con il tentativo di intonazione inglese, superando l’ auto-imbarazzo iniziale. E’ utile leggere un testo italiano imitando la pronuncia di un inglese (!) (Stanlio ed Olio sono ottimi modelli). Lo stesso approccio lo si applichi poi a un testo inglese. E’ utile registrarsi e ascoltarsi riscontrando i progressi che questa pratica favorisce.